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I nuovi volti del cinema 

Come sta cambiando la fruizione dell’esperienza cinematografica post Covid.

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di Cecilia Moretto

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Sembra quasi di essere tornati ai bei vecchi tempi, 730 giorni indietro o poco più. Moltissimi di noi a questo giro hanno deciso – finalmente - di scollarsi dal divano e sostituire gli schermi di casa con gli IMAX delle grandi sale cinematografiche. I multisala stanno registrando un afflusso di pubblico folto e costante che fino ad oggi era decisamente scarseggiato. Le previsioni che continuavano a girare nei mesi precedenti lo avevano anticipato e non si erano sbagliate: l’uscita del secondo capitolo di Avatar sta davvero richiamando nelle sale una grandissima fetta di popolazione. Solamente nel primo weekend dalla sua uscita in Italia gli incassi ammontano a 8 milioni 746 mila euro, quasi al pari del primo capitolo, una somma niente male tenendo conto della situazione. La posticipa avvenuta nel 2021 – che non aveva stupito proprio nessuno - a causa del Covid-19 è ora un lontano ricordo. In molti però erano rimasti scettici fino all’ultimo, nella convinzione che il 2022 non avrebbe fatto eccezione. Del resto, coronavirus o meno, James Cameron e la 20th Century Studios avevano dato non poche delusioni ai fan del franchise con i loro continui posticipi, anno dopo anno.

Oggi ai rinvii ci abbiamo fatto l’abitudine, è dalla riapertura delle sale cinematografiche post lockdown 2020 che la maggior parte delle grandi case di produzione trattengono (o posticipano) le date d’uscita dei film pronti in cantiere. Non c’è da stupirsi, quando le misure medico sanitarie richiedono che una sala ospiti al suo interno non più di un terzo delle persone che poteva precedentemente contenere, sbancare il botteghino grazie ad incassi stratosferici è diventato molto più difficile. A distanza di due anni dallo scoppio della pandemia è innegabile che la situazione sia lentamente migliorata. Da marzo scorso siamo potuti tornare a sporcarci le dita con l’olio dei pop corn nella penombra delle sale grazie alla riapertura dei servizi bar e ristorazione, ad alzarci per andare in bagno senza l’ingombro della mascherina incollata a naso e bocca. Eppure, per quanto con Avatar 2 tiri momentaneamente una dolce aria nostalgica, fatta di biglietti sold out e insegne nuovamente luminose, andare al cinema è ancora un’esperienza diversa rispetto al passato, sia per via delle restrizioni che per via della scarsa scelta.

L’offerta non è ancora riuscita a normalizzarsi. Alcuni paesi, per via della situazione endemica scatenata dal coronavirus, risultano terribilmente in ritardo sul piano cinematografico rispetto ad altri e faticano a mettere in pratica le nuove norme igienico sanitarie richieste (basti guardare al Brasile, l’America Latina o al colosso indiano che è Bollywood, ancora in ginocchio dopo due anni). In molti non possono permettersi di istruire e pagare figure quali il covid manager, la persona preposta al mantenimento della sicurezza sui set, che negli ultimi tempi sta facendo molto discutere qui in Italia per via della quantità di potere decisionale conferitagli (rimane aperta la causa intentata da Luca Guadagnino contro Diego Conti, il c-manager a cui era stata affidata - dal comitato di responsabilità condivisa - la supervisione sul set del film “Come l’acqua”). Senza contare il problema più grosso: invogliare le persone a lasciare le sicure mura domestiche e spendere il doppio del prezzo che si spendeva prima per il biglietto d’entrata. È una situazione che si trascina, e si trascinava, anche prima del coronavirus: il cinema ha dovuto fare i conti con scogli più o meno ostici negli ultimi cinquant’anni, in particolar modo con l’avvento delle piattaforme streaming. Dopo lo scoppio della pandemia e il conseguente congelamento dell’intero sistema audiovisivo per mesi, la situazione è peggiorata ad una velocità esponenziale. 

Molte sale non sono sopravvissute. Pochissime, infatti, erano riuscite ad aprire una volta avuto il via libera dal Dpcm della fase 3, eppure non tutte quelle che sono rimaste chiuse hanno cessato l’attività. Alcune delle realtà più piccole avevano già cominciato ad organizzarsi durante la quarantena per far fronte a ciò che sarebbe venuto poi. Con lo spostamento nelle sale virtuali come MioCinema e progetti culturali quali #iorestoinsala per MyMovies (tutti partiti nel 2020), i piccoli esercenti che si sono dirottati su tali piattaforme sono riusciti a far quadrare  i guadagni quel tanto che bastava per evitare di chiudere i battenti definitivamente. Le porte dei loro cinema saranno anche rimaste chiuse più a lungo, ma sono rimaste aperte quelle virtuali. 

Puntare prima sullo streaming online, creare rassegne cinematografiche di qualità accompagnate da approfondimenti critici, ha contribuito a salvare molte delle piccole realtà, portando il pubblico fidelizzato a seguirli su altri medium, e allargandolo grazie al tattico utilizzo dei social.

Poi col caldo sono arrivate le arene, i cinema all’aperto, nei parchi, per le strade, nei drive-in…” Queste sono state le due estati con la maggiore fruizione cinematografica mai registrata prima” afferma in un articolo cineData.it con un +46% di affluenza rispetto i mesi invernali, una brusca inversione di marcia rispetto l’andamento consueto, maggiore d’inverno e minore d’estate. 

Sono entrambe strategie che ben si sono prestate per le sale dei cinema d’autore, grazie al sapiente lavoro dei suoi esercenti. Luca Pedretti, organizzatore delle rassegne del cinema l’Ateneo di Torino lo conferma «Nel momento in cui siamo riusciti a riaprire grazie l’affievolirsi delle misure restrittive a inizio ottobre 2020, l’affluenza in sala è stata fin da subito costante, tutto il pubblico che aveva continuato a seguirci durante la quarantena, e che eravamo riusciti ad espandere partecipando al progetto #iorestoinsala, è tornato fisicamente da noi, desideroso di continuare il percorso che avevamo cominciato mesi prima.»

Per i multisala, invece, che vivono sulle spalle della grande distribuzione la questione è ben diversa. Quest’ultimi si sono spesso trovati a dover fare i conti con la decisione delle case di produzione di bypassare le sale e distribuire i film direttamente online tramite il video noleggio. Un primo esempio era avvenuto con Trolls worls tour – della Universal, che aveva fatto guadagnare 100 milioni di dollari dall’affitto digitale in un solo mese. Questa scelta di marketing aveva fin da subito fatto discutere, mettendo in moto un pugno di ferro tra cinema e case di produzione che ad oggi non sembra ancora essere arrivato ad una soluzione. «Per evitare perdite catastrofiche per gli studi, i titoli devono avere la massima diffusione teatrale in tutto il mondo» erano state le parole della NATO (l’organizzazione nazionale dei proprietari di teatri) sulle pagine dell’Atlantic. E se il problema non è il videonoleggio lo è il periodo di esclusiva concesso alle sale. Diversi sono stati gli Studios che hanno deciso di abbassare la finestra temporale prima di caricare in streaming il proprio film (in modalità pay per view). Un modo per cercare di recuperare almeno parte degli incassi persi per via della pandemia, ma che ha messo i cinema in ulteriore difficoltà.

Eppure anche le grosse catene hanno tentato di rivitalizzarsi. Se la nuova offerta è rimasta per forza di cose limitata, in molte hanno tentato di puntare sui classici, sui cult e sui i film riusciti ad uscire poco prima dell’inizio della pandemia. Se due anni fa qualcuno avesse sperato di vedere “Per un pugno di dollari” di Leone o “A qualcuno piace caldo” di Wilder sul grande schermo dell’UCI sarebbe stato additato come delirante. Oggi invece, il mercoledì sera è interamente dedicato ai classici hollywoodiani. Una strategia che ha in parte funzionato ma che manca apparentemente di qualcosa, dato che molti UCI stanno continuando a chiudere i battenti.

Quello che le grosse catene faticano a realizzare e in cui i piccoli eccellono è la creazione di eventi: Q&A coi registi, approfondimenti sul film appena proiettato, incontri con gli attori… sono tutti incentivi ed esperienze che il pubblico apprezza e alle quali desidera partecipare attivamente. Per quanto piccole e ancora poco conosciute, le realtà create da questi cinema fanno presupporre una richiesta di fruizione dell’esperienza cinematografica “differente” ma costante anche per il futuro. Questo vale particolarmente per le nuove generazioni, le più affamate di novità che, secondo un sondaggio di statista.com sono la fetta più numerosa di partecipanti a questi nuovi eventi creati ad hoc dagli esercenti (circa il 65%). 

Col passare delle settimane vedremo se Avatar 2 riuscirà ad essere il giro di boa che i multisala tanto attendevano. La tecnologia utilizzata per la sua realizzazione necessita della visione in sala per far godere appieno l’esperienza allo spettatore e, dalla scaglionata ma costante affluenza dimostrata in queste prime due settimane, le persone sembrano esserne consapevoli. Ma se davvero questo film potrà risollevare la situazione delle grandi catene e dare il via a nuove e attese uscite, ciò non toglie che da due anni a questa parte la richiesta – e l’offerta – di nuove esperienze si sia fatta strada anche tra il pubblico meno “specializzato”, creando uno spazio per la realizzazione e l’innovazione di nuove realtà cinematografiche in cui i piccoli aprono le fila.

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